INDICE GLICEMICO, CARICO GLICEMICO E INDICE INSULINEMICO


Si sente spesso parlare di Indice glicemico (IG) e Carico Glicemico (CG) ma abbiamo ben chiaro di cosa si tratta?

IG di uno specifico carboidrato, o di un particolare alimento è quanto questo fa innalzare rapidamente la glicemia -cioè gli zuccheri nel sangue- se paragonato ad un alimento preso come standard di riferimento es. lo zucchero da tavola (IG pari a 100).

Maggiore è l’indice glicemico di un cibo, maggiore è il suo impatto sulla glicemia e di conseguenza maggiore sarà la quantità di insulina messa in circolo.

È proprio il livello di insulina raggiunto nell’organismo, ad influenzare in modo determinante la salute, non tanto quello dello zucchero nel sangue.

Che cos’è l’insulina e come si correla alla glicemia?

L’insulina è un ormone secreto dal pancreas durante i pasti che mira ad abbassare la quantità di glucosio -cioè di zucchero- nel sangue: consente il passaggio del glucosio dal sangue all’interno delle cellule, così da poterlo utilizzare/immagazzinare come fonte di energia. Fegato e muscoli immagazzinano gli zuccheri sotto forma di glicogeno (riserva energetica per gli umani), tuttavia quando i carboidrati introdotti con la dieta sono troppi e ad alto IG, l’organismo non riesce a consumarli e ad immagazzinarli tutti sotto forma di glicogeno, ecco che allora gli zuccheri in eccesso sono convertiti in trigliceridi -una frazione dei grassi presenti nel sangue- che saranno depositati nel tessuto adiposo. L’insulina facilita la sintesi dell’enzima che fa entrare ed accumulare i grassi nel tessuto adiposo e contemporaneamente inibisce un altro enzima, che ne permette la loro demolizione. Questo è il motivo per cui l’insulina è ritenuta il principale ormone responsabile dell’aumento di peso: se da una parte l’insulina facilita il deposito dei grassi, dall’altra ne inibisce l’utilizzo ed il risultato è l’ingrassamento.

È importante però fare chiarezza, se guardiamo le tabelle dell’indice glicemico di alcuni alimenti potremmo accorgerci che alcuni tipi di verdura o frutta es. zucca, melone, hanno un IG abbastanza elevato: il melone ha un IG circa pari a 75 (lo zucchero ha un IG pari a 100). Tuttavia, 100 gr di melone contengono solo 7,4 gr di carboidrati, mentre 100 gr di zucchero sono esattamente 100 gr di carboidrati. Ecco che allora diventa importante valutare non solo IG degli alimenti, ma anche il Carico Glicemico (CG) degli alimenti, ossia quel valore che tiene conto anche del concreto quantitativo di carboidrati che si stanno ingerendo.


Analogamente a quanto riguarda l’IG, si parla di Indice Insulinemico (IS) per indicare la misura nella quale un determinato alimento aumenta la produzione di insulina da parte del pancreas. Per darvi qualche dato indicativo e pratico: il saccarosio (cioè il comune zucchero da tavola) innalza di più il livello di insulina rispetto al pane bianco, anche se innalza meno la glicemia; il pane bianco a sua volta innalza di più l’insulina rispetto al riso brillato, che a sua volta l’innalza di più del riso integrale etc. Gli alimenti a base di carboidrati che più innalzano l’insulina sono quelli da pasticceria, i biscotti, i croissant, i gelati, le merendine, le barrette dolci e tutte le bibite zuccherate e colorate.


Da notare che il fruttosio -tanto pubblicizzato e consigliato ai diabetici- sebbene innalzi meno la glicemia che non il saccarosio, innalza di più i trigliceridi e sembra giocare ancora un ruolo più importante nei processi di invecchiamento dei tessuti.

Studi scientifici hanno dimostrato che molta differenza riguarda la tipologia di carboidrati che vengono consumati in un pasto: quando la componente di carboidrati è rappresentata in particolare da amidi, rispetto ad un pasto in cui la componente di carboidrati è rappresentata principalmente da zucchero semplice, si è notato chiaramente che l’alimentazione ricca di amidi determina un andamento regolare dei livelli nel sangue di entrambe le sostanze: zuccheri e insulina. Uno dei fattori in gioco in questo fenomeno sembra essere la velocità con la quale un dato carboidrati è assimilato ed entra in circolo.


Se si consuma un cereale integrale, la presenza di fibra rallenta l’assorbimento e l’utilizzazione degli zuccheri più di quanto non avvenga consumando un cereale raffinato. Ciò significa che più un pasto è ricco di fibra, minore sarà l’impatto su glicemia e insulina.

A ragione di tutto questo, molte persone pensano di risolvere la cosa facendo pasti prevalentemente proteici, limitando fortemente i carboidrati. Un grosso errore. È emerso infatti che non sono solo i carboidrati a creare uno stress insulinico all’organismo: altri alimenti hanno un effetto analogo pur non contenendo quasi carboidrati. Carne, formaggi e pesce presentano un IS di poco inferiore a quello del riso integrale e superiore a quello della pasta. Questo perché anche la sola ingestione di aminoacidi e proteine richiede un intervento da parte dell’insulina per essere gestita. Sorprendente è il comportamento di latte e yogurt: questi alimenti, pur contenendo solo piccole quantità di zucchero (il lattosio è lo zucchero del latte) stimolano una produzione di insulina che è altissima, simile a quella determinata consumando patate o merendine dolci. Questo effetto è tanto marcato che dopo circa un’ora dal loro consumo, latte e yogurt tendono a determinare una condizione di ipoglicemia più severa che non un cereale raffinato. L’ipoglicemia è una condizione nella quale il livello di glucosio nel sangue è più basso della norma e questo si sviluppa con facilità quando si consumano cibi che stimolano una grande produzione di insulina, la quale tende a spingere la glicemia persino al di sotto dei valori che sarebbero più appropriati.

Una condizione di ipoglicemia si accompagna a disagio, scarsa concentrazione, senso di debolezza, fame o sensazione di vuoto allo stomaco.

Quindi, riassumendo: sarebbe sempre buona cosa fare pasti a basso carico glicemico, quindi scegliendo cibi che contengano la giusta quantità di carboidrati e a basso indice glicemico, preferendo l’integrale che grazie alle fibre riduce ulteriormente l’assorbimento degli zuccheri.


Dovremmo limitare i prodotti da forno, le farine cotte al forno hanno sempre un indice glicemico più elevato, preferire i chicchi di cereali integrali o semi-integrali sarebbe la cosa migliore. Non dobbiamo però avere solo carboidrati nel piatto ma anche la giusta quantità di grassi buoni e sani, e un poco di proteine, così da ridurre ulteriormente il carico di zuccheri del pasto.

Evitate l’eliminazione dei carboidrati a favore di piatti proteici, il risultato sarebbe acidificante e deleterio per il corpo

ma soprattutto ricordate che: la macchina (cioè il nostro organismo) per bruciare i grassi (quindi per lavorare e per tenersi attivo), ha bisogno di un po’ di carboidrati (la sua fonte energetica principale), il cervello sfrutta principalmente questi per lavorare.

Alla lunga, diete iperproteiche favoriscono solo acidosi metabolica, deperimento muscolare (perché se l’organismo non ha gli zuccheri per lavorare, da qualche parte dovrà pur prenderli), stanchezza e scarsa concentrazione. Ridurre zucchero e dolci sarà fondamentale non solo per chi deve tenere sotto controllo il peso, ma, per chi soffre di diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, endometriosi, ovaio policistico, sindrome premestruale, acne… e in generale il lato oscuro dello zucchero sotto sta a molti mali della civiltà moderna.


Bibliografia:

    1. An insulin index of foods: the insulin demand generated by 1000-kJ portions of common foods. S H Holt, J C Miller, and P Petocz

    2. Insulinemic and glycemic indexes of six starch-rich foods taken alone and in a mixed meal by type 2 diabetics. F R Bornet, D Costagliola, S W Rizkalla, A Blayo, A M Fontvieille, M J Haardt, M Letanoux, G Tchobroutsky, and G Slama

    3. Plasma glucose and insulin responses to orally administered simple and complex carbohydrates.Crapo PA, Reaven G, Olefsky J

    4. Acute effects on insulin sensitivity and diurnal metabolic profiles of a high-sucrose compared with a high-starch diet. Mark E Daly, Catherine Vale, Mark Walker, Alison Littlefield, K George MM Alberti, and John C Mathers